Italia al secondo posto dopo la Bulgaria, ogni anno si registrano circa 33mila morti
Negli ospedali europei si usano troppi antibiotici, con il risultato che crescono le infezioni resistenti, causa di 33mila morti l'anno. Lo sottolinea uno studio del Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (Ecdc), secondo cui un paziente su 15 nei nosocomi europei contrae un'infezione associata al ricovero, molte delle quali da forme resistenti. Nello studio sono stati valutati più di 1100 ospedali sul territorio Ue, con i dati di oltre 300mila pazienti. La proporzione di antibiotici ad ampio spettro, che non sono sempre necessari e che sono quelli che più causano resistenza, varia dal 16% al 62%, con l'Italia, che non a caso ha un terzo dei morti per infezioni resistenti, ed è al secondo posto dietro la Bulgaria. Inoltre, aggiunge lo studio, più del 50% delle terapie antibiotiche date come profilassi prima di un intervento chirurgico vengono fatte anche diversi giorni dopo l'operazione, quando le raccomandazioni prevedono di smettere una volta usciti dalla sala operatoria.
Nelle cliniche di lunga degenza il 29% degli antibiotici viene prescritto per profilassi, soprattutto per prevenire le infezioni urinarie, una pratica che non ha prove scientifiche di efficacia. "Con 33mila morti ogni anno come conseguenza di un'infezione dovuta a un batterio resistente e un miliardo di euro di costi - ha sottolineato Andrea Ammon, direttore dell'Ecdc - dobbiamo assicurarci che questi farmaci siano usati con prudenza". Non sono solo gli ospedali il luogo in cui viene favorita la resistenza, ha sottolineato Vytenis Andriukaitis, commissario Ue alla Salute. "L'aumento del numero degli europei che muoiono o diventano disabili per le infezioni resistenti - ha affermato - è una grande preoccupazione per me e la Commissione".
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